Pluto Progetto Fauna onlus

Pluto Progetto Fauna onlus, costituita nel 1991, è una onlus che si occupa di tutelare gli animali abbandonati e prevenire il randagismo. Responsabile della gestione del Rifugio Pluto House sino al marzo 2007, oltre ad aver provveduto all'intervento, cura, mantenimento e affidamento di oltre 6500 animali abbandonati, si occupa da sempre della promozione delle adozioni, della prevenzione degli abbandoni, dell'incentivazione delle sterilizzazioni, della salvaguardia delle colonie feline. Opera anche a livello preventivo, attuando campagne di sensibilizzazione e informazione nelle scuole di ogni ordine e grado e organizzando eventi formativi per i cittadini. PER INFORMAZIONI 347.8439127 plutohouse@hotmail.it

domenica 12 settembre 2010

Tutto ciò che volevate sapere sulla «direttiva vivisezione» ma non avete osato chiedere

IL LEVANTE 12 SETTEMBRE 2010
Tutto ciò che volevate sapere sulla «direttiva vivisezione» ma non avete osato chiedere
di Chiara De Capitani

E' difficile scrivere e giudicare obbiettivamente un tema sensibile come i test
scientifici sugli animali. Ad alcune ore di distanza dall’approvazione
della direttiva 86/609[1] sull'utilizzazione degli animali per scopi
scientifici sono apparsi innumerevoli articoli indemoniati, su social
network, giornali di piccola e grande stampa, spesso con lo scopo
sfruttare la sensibilità dei lettori. L’articolo della Repubblica.it
intitolato “Vivisezione, direttiva Ue "Sì ai randagi come cavie"[2] »
dopo solo cinque ore dalla pubblicazione raccoglieva piu’ di 500
commenti indignati ( sul sito e sulla pagina facebook) dimenticando di
descrivere lo scopo della direttiva e i (seppure pochi) punti positivi
che essa introduce nelle ricerche sugli animali.
Sempre obbiettivamente, tale direttiva è una delusione per quelli che l’
aspettavano da due anni e speravano comportasse una quasi-
illegalizzazione dei test sugli animali ed un serio coinvolgimento
degli Stati Membri nella promozione di tecniche di ricerca alternative,
e la sua struttura corrisponde a una serie di limiti seguiti da
eccezioni, a volte ragionevoli, a volte no[3].
Il testo, sebbene nettamente meno proibitivo della versione proposta nel 2008 dalla
Commissione fa rientrare nel suo scopo quelle che chiama le tre “R” :
rimpiazzamento (dei test sugli animali con test scientifici
alternativi) riduzione (degli animali utilizzati), e raffinamento
(delle condizioni degli animali prima durante e dopo i test
scientifici.). Un altro punto positivo è il principio sancito all’
Articolo 2: "Gli Stati Membri possono, osservando le regole generali
presenti nei trattati, mantenere le proprie provisioni in vigore, se
hanno lo scopo di assicurare una protezione più estensiva degli
animali", permettendo all’Italia, paese all’avanguardia in materia di
protezione degli animali di non abbassare i propri standard e
promuovere ulteriormente la ricerca di metodologie alternative alla
sperimentazione sugli animali.
Ma analizziamo in dettaglio le
tematiche “calde” del testo

Qual'è il senso e direzione della direttiva di cui dovrebbero ispirarsi gli Stati Membri?
Prima di citare il contenuto stesso della direttiva, il parlamento europeo riconosce
(al punto 46) che la disponibilità di metodi alternativi di ricerca
sia “altamente dipendente dal progresso delle ricerche e nello sviluppo
di queste alternative in modo da incrementare la competitività
della ricerca e dell’industria nell’unione e di rimpiazzare, ridurre e
raffinare l’utilizzo di animali nelle procedure, la Commissione e gli
Stati Membri dovrebbero contribuire alla ricerca tramite mezzi propri
in vista dello sviluppo e validazione di approcci alternativi (alla
sperimentazione animale)”, tematiche poi riprese nell’Articolo Primo.
Ma è l’articolo 4 (“Principio di rimpiazzamento, riduzione e
raffinamento”) a dare il colore generale della direttiva:
Gli Stati Membri dovranno garantire che, ovunque sia possibile, vengano
utilizzati metodi scientifici soddisfacenti o test che non comportino l’
utilizzo di animali vivi.
Gli Stati membri dovranno garantire che il
numero di animali utilizzato in progetti è ridotto al minimo senza
compromettere gli obbiettivi del progetto.
Gli Stati membri dovranno
assicurarsi del raffinamento dell’allevamento, sistemazione, cure e,
quanto ai metodi utilizzati nelle procedure all’eliminazione o
riduzione al minimo possibile del dolore, sofferenza, angoscia o dolori
permanenti agli animali
Quali sono gli animali soggetti a test
scientifici ed in quali circostanze?
I paragrafi 2 e 3 dell’articolo 1
prevedono che la direttiva si applicherà ai vertebrati non umani
(inclusi certi tipi di larve e alcuni mammiferi) e cefalopodi.
L'Articolo 5 inquadra invece gli scopi delle procedure di test sugli
animali che sono: ricerca scientifica, ricerca con lo scopo di
prevenzione , diagnosi, condizioni fisiologiche o trattamenti di
malattie, malesseri o i loro effetti su uomini, animali o piante, il
benessere di animali e il miglioramento delle tecniche di produzioni
agricole che richiedono l’utilizzo di animali, nello sviluppo,
manutaffore o test di medicine, cibi, per la protezione dell'ambiente naturale negli interessi della salute e benessere dell'essere umano o animali, ricerca in vista della preservazione delle specie,
didattica (punto controverso citato anche dalla deputata Alfano in
plenaria), medicina legale.
Alcuni animali sono soggetti a tutele
particolari, in ragione soprattutto del fatto che non siano stati
allevati con lo scopo di test o della loro rarezza nel mondo naturale:
L’articolo 7 riguarda le specie in pericolo d’estinzione: tali specie
non possono essere utilizzate in procedure all’eccezione delle
procedure con uno scopo circoscritto (ricerca di prevenzione, diagnosi,
trattamenti di malattie o problemi di salute, condizioni fisiologiche,
benessere degli animali e miglioramento della situazione degli animali
utilizzati in processi agricoli, sviluppo e testing di medicine, cibi,
sostanze, ricerca in vista della preserva delle specie) e che l’
utilizzo sia scientificamente giustificato dal fatto che l’obbiettivo
della procedura non possa essere ottenuto da altre specie animali.
L'articolo 8 si focalizza sui primati non-umani che non possono essere
utilizzati in procedure all’eccezione di procedure con scopo
circoscritto (ricerca di prevenzione, diagnosi, trattamenti di malattie
o problemi di salute, condizioni fisiologiche, benessere degli animali
e miglioramento della situazione degli animali utilizzati in processi
agricoli, sviluppo e testing di medicine, cibi, sostanze
.. tutti
questi essendo validi solo se nell’interesse dell’evitare, prevenire,
diagnosticare o trattare debilitanti o potenzialmente mortali
condizioni cliniche negli essere umani ma anche per ricerca e
preservazione della specie) . Test su alcuni tipi di primati sono
soggetti ad ulteriori restrizioni.
L’articolo 9 riguarda gli animali
selvatici, anche loro non utilizzabili per test scientifici tranne per
alcune eccezioni (per le quali, comunque, le autorità competenti
debbono justificarne il progetto in quanto non realizzabile su animali
allevati per le procedure).
L’articolo 11 riguarda gli animali di razze
domestiche randagi, anche questi non utilizzabili in test a meno che
esista un bisogno essenziale di studi riguardo alla salute e benessere
degli animali o un serio pericolo per l’ambiente o la salute umana o
animale e che sia giusticato scientificamente dal fatto che tale studio
potrebbe concludersi solo con l’utilizzo di animali randagi.
Per quanto
riguarda il punto chiave della controversia, ovvero, la sofferenza
degli annimali e la loro possibile uccisione, la direttiva è molto
dettagliata:
L’articolo 13 descrive la “scelta dei mezzi”. Il secondo
paragrafo precisa che, nel scegliere fra procedimenti devono prevalere
quelli che utilizzano il numero inferiore di animali, che causano
minore pena, sofferenza, angoscia, e che includono animali con minore
capacità di risentire dolore, sofferenza, angoscia o dolori permanenti.
La morte dell’animale deve essere evitata al massimo delle possibilità,
se è inevitabile, la procedura dovrà risultare nella morte del minor
numero di animali possibili, ridurre la durata ed intensità della
sofferenza dell’animale al minimo possibile ed assicurargli – se
possibile – una morte indolore.
L’articolo 14 regola l’anestesia che
deve essere utilizzata – tranne se inadatta – nei casi di
lievi/moderate sofferenze. Nel caso gli esperimenti comportino serie
ferite o dolore è assolutamente obbligatoria. Agli animali che mostrano
sofferenza anche dopo i test devono essere forniti analgesici o
calmanti e l’animale, alla fine del procedimento, deve essere curato in
modo da rendere eventuali dolori minimi.
L’articolo 6, invece,
specifica i metodi di uccisione : gli Stati devono garantire la
sofferenza e disagio minimo per l’animale (segue un annesso di
sconcertante precisione).

[1] Disponibile in inglese a questo link:
http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/10/st06/st06106.en10.pdf

[2] Fra l’altro, con tutto il rispetto per la repubblica, già il
titolo dell’articolo è errato: c’é una differenza sostanziale nella
definizione di « test scientifici » (che includono anche la
sottoministrazione di medicine) a « vivisezione » (dissezione ed
operazioni chirurgiche su un animale)

[3] La deputata Idv Sonia Alfano
ha fatto notare a più riprese che il testo prevede la possibilità di
riutilizzare un animale più volte per esperimenti e di utilizzare
animali in esperimenti a scopi didattici.

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